Sezione 3

XIV

bisognerebbe dunque provare a pensare la Pandemia come a una creatura mitica. Molto più complessa di un semplice evento sanitario, rappresenta piuttosto una costruzione collettiva in cui diversi saperi e svariate ignoranze hanno spinto nella stessa direzione. Innocui eventi sportivi, profili social apparentemente insignificanti, governi fragili, giornali sull’orlo del fallimento, semplici aeroporti, anni di politica sanitaria, il pensare di innumerevoli intellettuali, comportamenti sociali radicati nelle più antiche tradizioni, App improvvisamente utilissime, il ritorno sulla scena degli esperti, il silenzioso esserci dei giganti dell’economia digitale – tutto ha lavorato per generare non un virus, ma una creatura mitica che dall’incipit di un virus si è impossessata di ogni attenzione, e di tutte le vite del mondo. Prima e più velocemente della malattia è quella figura mitica che ha contagiato l’intero mondo. Quella è la vera Pandemia: riguarda l’immaginario collettivo prima che i corpi degli individui. È la deflagrazione di una figura mitica, a una velocità e con una potenza che ha lasciato tutti sconcertati. A molti, non a caso, ha ricordato l’esperienza della guerra: le circostanze pratiche erano completamente differenti, non si sparava un solo colpo, non c’erano nemici, eppure quel che la gente ha registrato è che, nella memoria, l’unico altro evento che avesse avuto quella inarrestabile efficacia pandemica era la Guerra. Stava allineando istintivamente la Pandemia alle altre grandi creature mitiche di cui si aveva memoria, accettando di prenderla per quello che effettivamente era: un contagio delle menti prima che dei corpi.