Sezione 5

XXX

E un immane bisogno di ordine, ovviamente. L’incredibile disciplinarsi di moltitudini dietro autorità politiche fino al giorno prima disprezzate, dà alla figura mitica della Pandemia l’autorità di dire che un sordo desiderio di disciplina serpeggiava sotto la pelle di una civiltà a cui piaceva immaginarsi libera, aperta, ribelle, perfino caotica. Piaceva a certe fortunate élite, forse. Ma nel ventre ultimo c’era fame di ordine, disposizioni, divieti, limitazioni. Si conservava il piacere di un’autorità a cui ubbidire, e perfino la nostalgia per qualche esperto che indica, potente che determina, guida che suggerisce, prete che esecra, medico che prescrive, poliziotto che punisce, giudice che sancisce, giornalista che avverte, padre che educa. Simmetricamente è tornato limpido, in chi comanda, corregge, punisce, quel sentimento di legittima superiorità senza il quale il piacere dell’autorità perde buona parte del suo fascino. Paradossalmente, i più refrattari a comprendere questo messaggio della Pandemia sono stati proprio i teorici abituali dell’ordine, dell’autorità, della disciplina. Ma chi ama l’ordine lo ama per attaccare, ripulire, disciplinare, non come tattica di difesa. L’ordine per loro è l’espressione di una forza: quasi non lo riconoscono quando è la cura di una debolezza, di una fragilità, di una malattia.