Sezione 5

XXVIII

Né si può dimenticare che, con un’inclinazione invisibile, atroce da registrare adesso, la Pandemia ha versato fuori dal creato gli anziani per primi, e i deboli. Il terrorismo, per citare un’altra potente figura mitica, colpiva a caso. La Pandemia è chirurgica. Se avesse scelto i bambini?, qualcuno si è chiesto. Ne saremmo impazziti, è evidente. Invece la Pandemia ha selezionato, se vogliamo proprio guardare negli occhi le cose, con un principio logico che in fondo avevamo perso per strada: potare con decisione, conservando i rami forti. Le guerre, ad esempio, facevano il contrario: falciavano le vite più giovani e forti, come a disperdere un eccesso di vitalità, ingestibile dal potere. La Pandemia, in questo senso, sembra una figura mitica costruita alla rovescia e con molta più lucidità. Sfoltisce, rigenera, ma non toglie la terra sotto ai piedi. Possibile che tutto questo sia casuale? Per quanto possa sembrare atroce, è lecito pensare che nella costruzione di una simile immane figura mitica abbia inciso una diffusa e inconsapevole convinzione che si vive troppo a lungo. O un astio diffuso per generazioni che non lasciano il passo a nessuno. Se non addirittura un’inconfessabile utopia di forza e purezza. Con tutta la freddezza possibile, se si ha fiducia nel carattere mitico della Pandemia si deve raccogliere uno dei messaggi più taglienti che porta nel ventre. Esso dice, con una chiarezza molto sgradevole, che, nel saldo collettivo di un’intera comunità, morire meno e morire meglio non significa vivere di più e vivere meglio.